LA TERZA GUERRA MONDIALE ALLE NOSTRE PORTE

16 febbraio 2016   20:00  
Conviviale con signore

Serata dedicata alla conoscenza di ciò che sta accadendo in quella parte di mondo così turbolenta che si estende dal Nord Africa fino ai Paesi Arabi e che rappresenta una seria minaccia per tutto il mondo.

Una guerra, la terza guerra mondiale come l’ha dipinta Papa Francesco, che si combatte con le armi di questo terzo millennio.
Ci ha condotti in questo viaggio la lucida analisi di Brahim Maarad, giovanissimo giornalista arrivato a Rimini all’età di dieci anni per raggiungere il padre che dieci anni prima era emigrato in Europa dal Marocco. Qui Brahim è cresciuto, ha studiato ed ha sviluppato il suo talento per il giornalismo. A 23 anni è diventato giornalista professionista, uno dei più giovani che l’Italia abbia avuto nella sua storia ed ora, a 26 anni, collabora con testate nazionali, oltre a svolgere conferenze in tutto il Paese.
Brahim Maarad ci ha raccontato dell’iniziale scissione all’interno dell’Islam fra sunniti e sciiti, conoscenza fondamentale per compredere fino in fondo le ragioni della instabilità del Medio Oriente e della contrapposizione tra due fazioni sin dal 632 d.c., anno della fine della vita terrena del Profeta Maometto.
Subito dopo la sua morte si pose il problema della successione a capo della comunità: una parte dei credenti riconosceva in Ali (cugino e genero di Maometto) il successore designato, ma la maggioranza della comunità riteneva che non ci fosse stata alcuna designazione da parte di Maometto e che spettasse alla comunità l’elezione del “primo califfo“.
Da qui la scissione tra le due fazioni: da una parte la fazione di Ali, gli sciiti, e dall’altra i sunniti (elettori del “primo califfo“) così chiamati in virtù della grande importanza attribuita alla “Sunna“, ovvero la tradizione del Profeta.
Sciiti e sunniti sono quindi le due principali ‘famiglie’ della comunità islamica, storicamente i sunniti sono da sempre in maggioranza e rappresentano circa il 90% della popolazione musulmana, mentre invece gli sciiti sono solo il 10%.
Il Paese per eccellenza a maggioranza assoluta sciita è l’Iran, troviamo sempre in maggioranza gli sciiti in Iraq, Bahrain e Azerbaijan, c’è inoltre una cospicua presenza sciita in Libano, in Kuwait e nello Yemen. Si trovano inoltre minoranze in Arabia Saudita, Siria, Afghanistan, Palestina, Turchia, Pakistan e India. Nel caso della Siria, seppur la maggioranza della popolazione è sunnita, la famiglia Assad, appartenente alla minoranza sciita alawita, governa dal 1970.
 I sunniti invece predominano largamente in Nord Africa e nell’Africa subsahariana, in Egitto e Turchia, in Asia Centrale e nell’Estremo Oriente.
Brahim ha trasposto questi storici conflitti ai fatti più recenti, a partire dall’11 settembre e l’attentato di New York, con la seguente dichiarazione di guerra all’Afghanista 20 giorni dopo. A seguire la Primavera Araba, coi rovesciamenti di regime avvenuti prima in Tunisia, poi in Egitto, a seguire la Libia e ora il terribile conflitto in Libia. La costante è stata ovunque l’incertezza lasciata sul campo dopo le rivoluzioni, nella quale s’è inserito lo Stato islamico (Brahim ha detto che non è uno stato e non è islamico) con la sua ricchezza enorme derivante dalla proprietà di pozzi di petrolio (“Non hanno bisogno di soldi, ma di venditori di armi”) e la sua capacità di ammaliare le persone.
“Con l’attentato al Bataclan l’Isis è entrato in casa nostra, ma in Medio oriente si sono verificate stragi per anni. Sono 30mila soldati, dal punto di vista militare non fanno paura, mentre è l’ideologia che sono capaci di trasferire il vero grande avversario”.
Tante le domande, tantissime le informazioni trasferite da Brahim nel suo intervento e alla fine, probabilmente, abbiamo capito quanta poca religione e quanto business ci sia in questa guerra che sentiamo combattere fuori da casa nostra.
“La religione è l’unica ragione che rende possibile convincere una persona ad ammazzarsi, per questo viene usata”.
E ha chiuso citando un episodio: “Un marocchino attirato dall’Isis, dopo 14 giorni di addestramento è stato chiamato da un superiore: “Dio ha bisogno di te e chiede che tu lo raggiunga”. Significava che era pronta per lui una cintura di esplosivo. “Ma tu da quanto sei qui”, ha ribattuto il marocchino. “Da 14 anni conduco questa guerra” ha risposto gonfiando il petto superiore. “E Dio in 14 anni non ha mai chiesto di te e chiede di me solo dopo 14 giorni?”.
Un dialogo che spiega tutto.
 

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