LA SANITA' IN ROMAGNA: QUALE FUTURO?

15 ottobre 2019   20:15   Hotel Ambasciatori RIMINI
Riunione n° 13-1841 - Conviviale
Relatori Dott. Marcello Tonini, Direttore Generale area vasta AUSL Romagna

Una serata di grande interesse al Club. L’argomento è di quelli di straordinario interesse generale, la sanità, e l’ospite di alto profilo è il Direttore Generale dell’ASL Romagna.

Parliamo di una azienda con 16.000 dipendenti, dei quali 2500 medici ed una capacità di spesa di 2,4 miliardi l’anno.

Al vertice un uomo di grande esperienza nel settore, Marcello Tonini, ieri sera molto concreto nella sua esposizione della realtà e poi puntuale nel rispondere alle tante domande rivoltegli.

"Ho un obiettivo ambizioso – ha esordito – quello di convincervi della bontà della scelta di una AUSL unica in Romagna. Tutto parte da un enorme problema che abbiamo in Italia, con una sanità pubblica ormai malata, anche se esprime valori che ancora molti Paesi evoluti ci invidiano. Però siamo al limite, con questi livelli di finanziamento non sarà possibile mantenere il tenore che abbiamo. Se Francia e Germania spendono in sanità il 12-14% del Pil, mentre l’Italia spende la metà, vi sia chiaro che avanti di questo passo la retrocessione dei servizi offerti sarà inevitabile.

Ecco, per far fronte a questo, per alzare una barriera protettiva, la scelta della AUSL unica in Romagna va nella direzione di ottimizzare le risorse, centralizzare le eccellenze e garantire un alto livello di assistenza a tutti.

Viviamo in uno scenario nel quale le emergenze stanno moltiplicandosi, c’è una domanda enorme di assistenza ed è sempre più difficile rispondervi. Ci sono drammi famigliari che chiedono interventi che è sempre più difficile dare.

E poi un’altra criticità che si aggiunge ed è collegata: mancano gli specialisti. Abbiamo i medici, ma non gli specialisti e l’unica strada è prevedere che chi entra nella scuola di specialità sia pagato.

Ecco allora la scelta di concentrare la qualità per garantirla a tutti. Ad ostacolare questo disegno sono i campanili sempre alti, che sono legittimi ma rappresentano una visione di parte. Ci sono responsabilità degli amministratori e ce ne sono dei professionisti, perché a vincere è il particolare sul generale.

In questa situazione stiamo perdendo un treno fondamentale, la dotazione tecnologica che è disponibile e che rischiamo di non poterci permettere".

Dopo la breve ma intensa esposizione, spazio alle domande, con un affondo sul tema vaccini: "Sinceramente solo in Italia potevamo porci una questione del genere. Per me è una barzelletta, eppure sul territorio si sono consolidati movimenti che vanno contro una pratica che dovremmo considerare normale e indispensabile. Rimini, in particolare, da una situazione disastrosa è venuta fuori, ma resta complicata da risolvere perché la percentuale di non vaccinati resta alta.

E poi l’Università, con la polemica romagnola sulle fughe in avanti per accaparrarsi facoltà di chirurgia generale: "In Romagna ci vorrebbe più coesione, meno particolarismi. E’ un problema tutto nostro se non si riesce a ragionare alla pari e insieme. A me non importa dove sarà la sede dell’Università per chirurgia, ma che siano valorizzate al massimo le strutture ospedaliere".

Sul futuro: Noi dobbiamo essere orgogliosi di un dato: su 100 ricoveri di romagnoli, 93 scelgono un ospedale del territorio. E’ una percentuale unica. Ma decentrare non significa penalizzare. Sarò chiaro: almeno il 95% delle cure deve essere garantito in prossimità, sempre di più a casa e non in ospedale. La concentrazione di cui si parla è una realtà molto confinata. Non ci possiamo permettere di perdere competenze ed eccellenze sul territorio, sacrificandole a questo disegno che pure ha un fine virtuoso. Ma se vogliamo proteggere il livello di eccellenza, dobbiamo perseguire questa strada".

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