IL MITO DI FRANCESCO BARACCA

11 novembre 2015   20:00   Faenza - Museo francesco Baracca
Conviviale con signore

Un mito per rendere omaggio alle Forze Armate. Il Club ha scelto Francesco Baracca, asso degli assi, per ricordare i 100 anni dall’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale. Una guerra da 8 milioni di orfani, per tanti addirittura inutile, nella quale – è stato detto nel corso della serata – i vincitori son coloro che son rimasti in piedi come al termine di un match di pugilato nel quale uno cade a terra e l’altro miracolosamente rimane in piedi per tutto il conteggio.

Una serata che ha visto ospite il poeta Davide Rondoni, autore del libro ‘E se brucia anche il cielo’, un romanzo che racconta anche la storia di Francesco Baracca, del suo modo di fare la guerra, così diverso da altri e così diverso da quello che oggi ognuno di noi immagina. Insieme a Rondoni anche la poetessa riminese Isabella Leardini. Presenti alla serata i vertici territoriali delle Forze Armate e numerosi ospiti.
“Rondoni è uno dei grandi poeti italiani dalla metà del Novecento” ha detto Walter Raffaelli presentando il relatore, il quale ha raccontato come la casualità l’abbia portato, dopo il buon successo del primo romanzo per Mondadori, a pensare a Baracca.
“Scrivo e poeto – ha detto di sé – faccio cose che l’uomo ha sempre fatto. Da sempre facciamo le guerre, facciamo leggi, facciamo l’amore, ci dedichiamo all’arte, scriviamo e poetiamo. E’ la storia di tutti gli uomini, che lasciano dietro di loro l’esito della loro opera nel ricordo degli altri. Io dico sempre che in ogni posto c’è spazio per la poesia. Ovunque c’è qualcuno che una parola fissa un momento, fosse anche il più drammatico. Anche nell’orrore, l’uomo si ricava uno spazio per una parola, per descrivere o per comporre”.
 
Veniamo al libro. “Mi ha colpito la storia del Barone Rosso, perché ho scoperto – non lo immaginavo – che aveva solo 25 anni. Mi son chiesto cosa spingesse un ragazzo così giovane a rischiare la vita in quel modo. Cosa lo spingesse fin lassù, incastrato in un rottame, senza paracadute. E mi è venuto in mente Francesco baracca, eroe della nostra terra romagnola. Per me l’eroe è colui che offre la vita per qualcosa che ritiene più grande della sua vita stessa. Ecco cosa avevano addosso quegli uomini lì. Non il desiderio di tenersi stretta la vita ad ogni costo, ma la disponibilità ad offrirla per qualcosa di grande”.
 
“Baracca era un ragazzo di buona famiglia, istruito alla musica e al disegno, quando maturò – nascondendolo alla madre – l’idea di entrare in aviazione. In guerra aveva il senso del duello uno contro uno, come fosse una battaglia cavalleresca (infatti il cavallino rampante era il suo marchio, poi ceduto dalla famiglia ad Enzo Ferrari), nella quale alla fine del duello c’era spazio anche per sincerarsi delle condizioni dell’avversario.
Il contesto era la Prima Guerra mondiale, il primo momento d’unione della nostra nazione, con un soldato siciliano chiamato a guerreggiare sulle Alpi, imparando un italiano diverso dal suo, e combattere per qualcosa che non immaginava importante. Una guerra che ha ‘disassato’ l’Europa che, culturalmente, viveva su un asse che ci vedeva con Germania e Austria condividere tanti valori”.
 
Baracca vinse 34 duelli in aria, quando per diventare un asso ne bastavano 5. Ma sul prospetto nel quale venivano appuntate le vittorie c’erano solo 34 caselle. Un destino. Venne trovato morto, fuori dall’aereo e con qualcosa che somigliava ad un colpo d’arma da fuoco in testa. Lo trovò un giornalista del Corriere della Sera (!) dopo due giorni di ricerche e una missione che non condivideva, ossia volare basso e mitragliare le trincee. Lui che voleva volare alto e duellare con i talenti avversari. Si chiuse così la leggendaria vita dell’asso degli assi, che nel libro di Rondoni viene esaltato in una umanità complicata da trovare in un eroe di guerra, ma è bello che sia così ben valorizzata in un romagnolo del quale andare fierissimi.
 

MULTI-ROTARY - Distretto 2072