I COMUNISTI MANGIAVANO I BAMBINI. STORIA DI UNA LEGGENDA

15 luglio 2014   21:00  
Caminetto

Che i comunisti abbiano davvero mangiato i bambini, è una bugia. Stefano Pivato, socio onorario del Club, storico sociale come si definisce lui, nonché attuale Rettore dell’Università di Urbino (la più attraente d’Italia secondo il Sole 24 Ore), lo dice chiaramente e ne spiega i motivi.

Di certo è servita ad arroventare gli anni tra guerra mondiale e guerra fredda, rappresentando l’invenzione in assoluto più fortunata della propaganda anticomunista.

Incalzato da un Gibo Bonizzato in gran spolvero, Pivato ha raccontato che tutto parte nel dicembre 1943 quando gli alleati avanzano sul terreno e i tedeschi prendono a dire che i russi (mai messo piede sulla penisola) rastrellano bambini per portarli nella Madre Russia per essere educati al comunismo o usati come cavie.

Ci si crede per diversi motivi. Innanzitutto perché quelli sono anni nei quali la fame è una cosa seria, che ti annebbia il cervello e ti spinge a far cose inenarrabili. Nel 1920 la carestia in Russia generò decine di milioni di morti e allora fenomeni di cannibalismo ne accaddero. Quindi…

Riaccadde nel 1930, poi durante l’assedio di Leningrado fra il 1941 e il 1944. Ma la fame non è solo russa, anche in Italia s’è fatta sentire, di cannibalismo si parla per il Giappone, per la Germania, in Austria particolarmente. Ecco, Pivato ha voluto ricordare che la fame è trasversale rispetto alle ideologie. E quei fatti avvenuti dventavano terreno fertile per far attecchire la grande bugia, tanto più in un secolo nel quale l’infanzia è stata centrale.

“Ma è una enfasi figlia della mitopietica – incalza Gibo – non è l’unico caso quello della passione culinaria comunista e comunque la fame pur enorme non può condurre naturalmente l’uomo fino a mangiarsi i suoi simili. C’è altro che s’aggiunge…di mistico”.

“Che cos’è la fame non lo sappiamo bene noi contemporanei – ha ribattuto Pivato – lo spiega secondo me molto concretamente la poesia La Farfalla di Tonino Guerra:

Contento, proprio contento
sono stato molte volte nella vita
ma più di tutte quando
mi hanno liberato in Germania
che mi sono messo a guardare una farfalla
senza la voglia di mangiarla.

E il disco che ricordava l’appetito comunista serviva a consolidare un giudizio diffuso, quello per cui i comunisti erano cattivi, inaffidabili, amorali. Invece, non è difficile rilevare che erano più bacchettoni dei democristiani, che non hanno mai espulso nessuno per via dell’omosessualità mentre i comunisti l’hanno fatto assai spesso”.

Ma alla fine, stringi stringi, il motivo che ha portato Pivato ad un libro del genere è... “Ho voluto analizzare gli effetti devastanti dell’enorme carestia associandola a quella che ritengo essere l’attuale carestia, che è di valori. Le menzogne di allora e le menzogne di oggi generano false credenze, distraggono dalla realtà. Viviamo in un mondo che ha smarrito la disponibilità a riflettere, tutto si brucia in fretta, anche i ragionamenti. I nostri giovani hanno difficoltà nell’attenzione, nella concentrazione, sono educati da strumenti fra i quali la televisione, che ha avuto un ruolo primario. Anche la tv ha smarrito il valore del ragionamento che educa, lasciandosi alle spalle trasmissioni di confronto esauriente per passare ad un ritmo incalzante di battute senza costrutto”.

E’ vero che viviamo una profonda crisi economica – ha concluso Stefano Pivato – ma secondo me la mutazione antropologica che stiamo attraversando è male ben maggiore”.

Insomma, se quindi di bambini i comunisti non ne hanno mai mangiati, comunque la leggenda ha portato ad un bel libro e, come ha rilevato giustamente Riccardo Contestabile, Berlusconi a vincere diverse elezioni. Per essere una leggenda…

 

Infine, ciò da cui nella serata siamo partiti: la presenza di Lea, giovane ragazza dalla Pennsylvania, attualmente a Rimini nel quadro del Programma Scambio Giovani del Rotary, che ha omaggiato il club con la sua presenza e consegnando il gagliardetto del Club statunitense.

 


 

A completamento dell racconto della serata, ecco la Cronaca malatestiana nella quale Gibo Bonizzato aveva recensito il libro di Stefano Pivato

Ho sempre pensato si trattasse di una esagerazione polemica, di una battuta…. Avvicinandomi all’ultima fatica letteraria di Stefano Pivato, mi sono invece reso conto che dietro il titolo del libro (“I comunisti mangiano i bambini” Il Mulino) si cela una crudele realtà che il tempo (e forse anche un istintivo rigetto di tanto orrore) aveva coperto di pietoso oblio. Una realtà che l’Autore, docente di Storia contemporanea all’Università Carlo Bo di Urbino e Rettore Magnifico della medesima, ha riportato alla luce con la lucidità e l’onestà intellettuale che hanno sempre caratterizzato i suoi numerosi saggi. Occorre innanzitutto soffermarsi sul significato del sottotitolo: “Storia di una leggenda”. La “leggenda” – secondo Pivato - consiste nell’uso strumentale che la propaganda fascista, identificando il cannibalismo con l’ideologia comunista, fece di un fenomeno che destò la riprovazione di un Occidente, dove  mai, neppure durante le terribili carestie medioevali, si era giunti a praticare il cannibalismo con le modalità e l’efferatezza con cui ebbe a verificarsi nelle campagne russe, impoverite dalla siccità  e dalla collettivizzazione delle terre voluta da Stalin quale metodo per trasferire ricchezza dall’Agricoltura all’industria. “L’antropofagia - scrive Pivato - diviene talmente comune al punto da apparire una tragica normalità”. Talchè  “generalizzato era il commercio di carne umana con improvvisati luoghi di macellazione e vendita di carne umana in costolette nei bazar”. Vittime di tanto scempio soprattutto i bambini, anche se “non sono rari durante la carestia del 1921, casi di bande di bambini che mangiano altri bambini”. Gli esempi forniti dall’Autore, a partire dai genitori che divorano i propri figlioletti, configurano una vera e propria galleria degli orrori di cui vi risparmio i particolari più crudi. E veniamo alle citate deformazioni della propaganda fascista. E’ del 1943 la falsa notizia, riportata dalla stampa nazionale, circa la deportazioni in Russia, su tre navi in partenza dalla Sicilia occupata dagli angloamericani,  di migliaia di bambini italiani “destinati a non fare più ritorno” in quanto “relegati nei collegi sovietici per farne dei comunisti modello”. Assieme a questa campagna di stampa - sostiene l’Autore - sarebbe sbarcata in Italia, sussurrata “porta a porta”, l’idea che al cannibalismo metaforico (consistente nel lavaggio dei cervelli sino alla delazione dei propri genitori da parte dei bambini) si accompagnasse un cannibalismo effettivo di stampo ideologico, da  parte di un “orco” comunista senza Dio né principi morali. E a questo punto il libro prende la forma di un vero e proprio trattato sul cannibalismo, intendendo puntigliosamente lo Storico dimostrare ciò che ai più parrebbe evidente. Vale a dire che l’antropofagia (a parte quella rituale e di certe tribù primitive) non è mai  legata a una ideologia, bensì, come verificatosi appunto nella Russia comunista, a istinti di mera, bestiale sopravvivenza. Appare di conseguenza un po’ forzata (ma forse il vero storico non deve dar nulla per scontato) la serie di esempi citati dal Pivato circa l’intervento dello Stato Sovietico contro il cannibalismo, dalle fucilazioni in massa di chi faceva commercio delle carni, all’accompagnamento a scuola dei bambini da parte dell’esercito “perché ogni giorno ne scomparivano uno o due”… Non manca infine, nell’ottica di cui sopra, l’accurata analisi  su numerosi casi di antropofagia “quale fenomeno trasversale ad ogni  ideologia e nazionalità” intesa a dimostrare che “cannibali non sono solo i russi”, come si legge nel titolo del relativo paragrafo. Un saggio, quello di Stefano Pivato, che mi ha indotto a riflettere, compiendo anche qualche rapida ricerca personale, su uno dei più grandi tabù del  pensiero occidentale. Tale da indurre la maggior parte degli esseri umani – compreso, secondo i più recenti studi, il dantesco Conte Ugolino - a preferire la morte piuttosto che nutrirsi della carne di un proprio simile e tantomeno di  quella di un figlio. D’altronde è scientificamente provato che smettere di mangiare e di bere è un modo molto dolce di andarsene. Dopo qualche giorno non si avvertono  più i morsi della fame anzi si prova addirittura una sensazione di euforia…

Gibo Bonizzato

 

 

 

 

 

 

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